Prefazione di Renato De Falco
La paziente raccolta, il diligente accorpamento e la consequenziale pubblicazione di quel centinaio di “fronde sparse” firmate da Angelo Manna – gran parte delle quali evocanti le non poche parentesi amare della sua intensa e sofferta esistenza – costituiscono un encomiabile atto di amore voluto dai suoi cari nei confronti di una memoria che il tempo non può e non deve cancellare.
E in più si configurano quale efficace richiamo di attenzione verso una Città che per connaturata e forse inconsapevole costante tende a smarrire il ricordo di suoi figli non più presenti.
L’avere gli Amici Manna desiderato che fossi proprio io ad ottenere il privilegio di predisporre una nota introduttiva è per me motivo di fierezza e riconoscenza. Sarà stato per non essere loro sfuggita la consapevolezza dell’intenso rapporto che mi legò ad Angelo, della sua benevolenza a me riservata, dell’impegno che mi accomunò a Lui ed al caro Max Vajro nell’elaborare i programmi (allora non si chiamavano palinsesti) della prima Tele-emittente napoletana – Telenapoli e poi Canale 21 che consacrò il successo del suo inegualiabile “Tormentone” – è comunque con tanta commozione che io tento di adempiervi ritenendomene altamente gratificato.
Casariavulo, Priatorio, Paraviso: tre emblematiche dimensioni della multiforme personalità di ‘Ngiulino, il cui sentire e il cui esprimersi erano in grado di spaziare dalla corposa icasticità di realtà mai artificiosamente costruite – e perciò non in gratuita chiave pornografica fine a se stessa, né calmierabili da farisaici scandalizzamenti – alle “vie di mezzo” di situazioni non ipocritamente purgabili, fino allo svettare alla volta di altissime cime di un paradisiaco cielo “che solo amore e luce ha per confini”.
Anche in questa silloge la cifra di Angelo Manna si conferma nella sua sterminata conoscenza e magistrale padronanza di quel parlar napoletano visto dal Cortese quale maiateco e chiantuto nonché ricco di parole de zuccaro e mele, dotato per Partenio Tosco di peculiarissimi “capi di perfezione”, attestato da G.B. Vico come “lingua filosofica”, definito dal Trinchera abbunante e smataforeco e letto dal Genoino aggraziato e traseticcio, di cui l’Autore si rivela esaustivo dominus e severo indagatore, non trascurandone alcuna sfaccettatura o più remota angolazione … Quel nostro sacrale idioma (la cui “perdita o, peggio, il cui imbastardimento” costituirebbe a detta del toscanissimo Giuseppe Prezzo lini “una sciagura per l’Italia”) del quale Angelo è stato strenuo sostenitore e fiero paladino evocandone remoti fonemi e riproponendone lemmi e modi di dire sommersi da ingenerosi declini, attuando una appassionata e appassionante opera di recupero di quella – come aveva caro chiamarla – lengua ‘e tata, verace patrimonio di un habitat atto a possederla e adoperarla attraverso sedimentazioni maturate nel corso dei secoli.
Ed ecco dipanarsi all’attenzione del Lettore questo corpus di esperienze, di vissuto, di vicende (poco conta se oggi o lontanamente accadute), di episodi anche forti – ma non perciò meno veri – di particolari situazioni e stati d’animo su cui nessuno si era mai prima soffermato. Il tutto esposto con interiore partecipazione, con condivisa solidarietà e – occorrendo – con vibrante critica, gagliardo disprezzo o didascalico intendimento: e sempre all’insegna di quella coincidentia oppositorum e di quel contraddittorio contrasto (l’ossimoro napoletano) segnanti il naturale di un popolo che – Giordano Bruno docet – è tale da manifestarsi hilaris in tristitia e tristis in hilaritate o di far sgorgare, come notava il Pontano, de risu dolor et de lacrimis voluptas, restando però costantemente se stesso, senza condizionamenti o omologazioni di sorta.
Onore alla tua memoria, Angelo caro, e gratitudine ai tuoi che la rinverdiscono rendendo omaggio a chi ha saputo esaltare quella nostra lingua dell’anima e della confidenza, quel-la musica parlata e paradiso sonoro, quell’archivio esclusivo di patrie memorie, quello scrigno prezioso di millenarie testimonianze storiche, quell’autentico codice genetico che connota ed esalta gli autentici e più veri noi stessi.