Non vediamo perchè non avremmo dovuto…
Sporco? pulito? Aggettivi! E quando mai gli aggettivi hanno fatto la storia!?
In questa antologia ci sono soltanto versi. Versi di poeti napoletani, e versi… nostri, e cioè versi per modo di dire : ché tutto potremmo sentirci – giuriamo – fuorché poeti.
Concepito il tutto come uno scherzo – ed ecco perché ci sono anche le nostre poesie (tra virgolette) – , a poco a poco ci siamo accorti, il… padrone e noi, che “la cosa si abbuffava”, e che ci saremmo potuti allargare, ancora di più, se invece di uno scherzo avessimo tentato di fare una specie di inventario di “capolavori nascosti”, una specie di “ultima spiaggia” per versi che furono considerati, all’epoca loro, roba da codice penale o addirittura da rogo, e perciò furono bocciati con colpi di aspersorio ed esorcismi; e, infine, se, invece di fare scherzi, ci fossimo messi a frugare in archivi e biblioteche pubbliche e private, ci fossimo improvvisati ricercatori, avessimo avvicinato bibliofili e collezionisti, noti e poco noti, avessimo chiesto loro inediti o rarità: avessimo, insomma!, cercato di dare a questo volumetto di ancora incerta impostazione, uno scopo che trascendesse la risata volgare, e fosse, per così dire, nobile.
E così ci siamo allargati. Perché abbiamo frugato e abbiamo trovato; ci siamo improvvisati napoletanisti, filologi, cultori della nostra parlata, abbiamo fatto “casa e puteca” alla Biblioteca Nazionale e alla Società di Storia Patria (grazie, amici cari, Ddio ve ne renda merito!…), e abbiamo trovato un motivo facile facile e che spiegheremo in due parole. Poeti non siamo, ma appassionati cultori di ogni cosa napoletana sì: ci sentiamo, e pretendiamo che perciò non ci si voglia male. Sicché ci siamo accorti che avremmo potuto trasformare il vagheggiato scherzo in una conservatoria di tutti quei versi che per la loro “impubblicabilità” rischiano di andare perduti, o rischiano di continuare a subire ancora, non diciamo l’oblio, ma – peggio ancora – l’oltraggio alla circolazione clandestina, che è più perniciosa del silenzio: perché spesso tramanda “‘a bbona ‘e Ddio”, altera, corrompe, guasta irreparabilmente. Quante poesie “infernali”, e cioè del tipo che pubblichiamo in questa antologia, sono state scritte? Migliaia! Ma quante se ne sono salvate? E quante di quelle che si sono salvate sono giunte fino a noi nella loro veste originaria?
Il problema della “pubblicabilità” non ci riguarda. E perciò lo lasciamo risolvere agli interessati. Ma prima di saltarlo a piè pari, una cosuccia dobbiamo pur dirla: affinchè illudendoci che ci sia ancora qualcuno che voglia sapere dalla presentazione di un libro quale specie di libro ha comprato, questo ipotetico qualcuno non vada poi a raccontare al confessore di essere stato tratto in inganno dal “curatore” il quale gli aveva fatto vedere rose e fiori dove in realtà era merda sgruttendiana e russiana…
Ed è la cosuccia che segue…
La nostra antologia contiene poesie di quel genere che per secoli ha interessato soltanto pochi ma selezionatissimi individui: in primo luogo i coltivatori della “rattimma”, e cioè gli erotofagi, i masturbisti, i guardoni e finanche i maniaci e i quasi maniaci sessuali, i quali, come si sa, generalmente della poesia se ne strafottono. In secondo luogo ha interessato gli ipocriti bivalenti, sozzi di dentro e lindi e pinti di fuori; ha interessato i preti crapuloni, satiri in cotta nera, “chiafei” “scatozza”, ambivalenti anche loro, come i sozzi-lindi e pinti del piano di sopra: ma ad un livello professionale. E ha interessato – ma soltano per subirne odi e anatemi – i critici del cacchio, professoroni al servizio del migliore pagatore, disprezzatori del vero, decantatori di giullari leccapiedi, versajuoli malati di falsopudorismo, esepudicismo prezionistico e iperbolico, e del sciosciaculismo più degradante, e del “riepeto vattuto” e delle filastrocche escatologiche tutte ritmo e niente vita, e delle stralunatezze animistiche che volendo sembrare apologetiche della vita interiore finivano pirotecniche mosse di viscere, e delle flatulenze letterarie che volendo esaltare Dio si smarrivano in formule terroristiche e rovinavano in ascesi (o discesi?…) tombali o diaboliche!… E, finalmente, ha interessato i censori, preti o laici, SS della cosidetta decenza pubblica, crociati dell’anticazzismo: ma, in definitiva, impiegati inflessibili prechè prezzolati, lettori e applicatori – e interpreti solo di rado, e a richiesta dei superiori – del dizionario del “questo sì e quello no…” e perciò forse più involantari degli altri, ma mai proscioglibili – anche se meritevoli dell’attenuante della non premeditazione – dell’accusa di lesa spontaneità artistica, o da quella di collaborazionismo con i veri nazisti del pensiero umano: i press agents del triste, gli apologisti del lagnoso e del piagnisteo, i detrattori dell’autentico naturalismo che è quello che tutto ciò che naturalmente umano, con veli o senza veli, magnifica ed esalta, canta e rende degna del suo Creatore!
Insomma questa nostra antologia è fatta di poesie da “indice”: perchè “scollacciate, indecenti, pornografiche, scurrili,peccaminose” o addirittura… ispirate dal maligno, telescritte nei sortilegi, teledettate nelle messe nere, ponzate nelle sedute cessiche, ossia nelle estasi merdose, effuse dagli orinali, che sono di casa “mazzamaorielle” “tentille”“diaschense” “farfarielle” … La nostra antologia è fatta di versi che qualche secolo fa sarebbero costati a noi e al nostro editore (e non è certo che gli estimatori sarebbero riusciti a farla franca…) il taglio della lingua e delle mani, e finalmente il rogo: come fossimo stati stregoni; o il pubblico “lardiamiento”, come fossimo stati protettori di adulteri o di sodomiti. E saremmo stati bollati, noi, i nostri figli e i figli dei figli dei figli, chissà per quante generazioni. E certamente i nostri bene (nel caso che almeno a quei tempi ne avessimo avuti…) sarebbero stati bell’e confiscati: e questo soltanto avrebbero reso felici e contenti i nostri inquisitori! Ai quali non avrebbe fatto nè caldo nè freddo questa raccolta di poesie. Perchè questo era il tribunale dell’Inquisizione: un tribunale al quale interessava – sopra le crude tribolazioni fisiche e spirituali – l’ “incarnamento” : come realizzazione della vera morale della sua favola tremenda: il danaro e le terre, i gioielli e i palazzi dell’ “immondo peccatore”!…
Per fortuna, però, molte cose sono cambiate: persino là dove tutto deve cambiare perchè… nulla cambi; e il rischio che corriamo con questa modesta “conservatoria” è limitato ad una isterica condanna bigottesca, qualche anatema di ipocrite viziose che vanno a letto col rosario in una mano e l’altra abbandonano nell’inguine; il disprezzuccio dei censori-nati che si morderanno le mani perchè non potranno metterci all’indice, la distinta silenziosa e… ingottata di qualche criticonzolo che non ci farà l’onore di una recensione (che neppure gli pagheremmo…) e il doloroso rinfaccio di alcuni conoscenti… Ben poco, insomma. E perciò tentiamo. Chè se il rischio fosse stato maggiore, avremmo tentato ugualmente.
Il problema morale? Ma quale morale!… L’arte non la si giudica con lo stomaco, diremo nella presentazione di alcune canzoni della “Tiorba a taccone”: e per il momento diciamo solo che l’arte è rappresentazione della realtà, non è nè diabolica nè divina, nè metà e metà: è arte e basta. Ed è una spassosa invenzione di Dio. E’ una specie di chiave che non si vede e non si tocca, ma si sente. Una chiave che va infilata nella toppa del cervello perchè apra il cuore.
Ecco: quell’ipotetico qualcuno che doveva sapere è servito. Ora sa. Perciò può liberamente decidere se aprire l’antologia o non aprirla. Affari suoi. Un solo favore, però, gli chiediamo: prendere o lasciare, non sfogliare per curiosità. Per essere coerenti con la propria vocazione. Sbagliare, amici miei: ma scegliere, e avere il coraggio di non tornare mai sui propri passi. Questo è essere uomini. Grazie.
Una spiegazione – o una giustificazione: chiamatela come volete – dobbiamo darla circa il criterio che abbiamo seguito per le annotazioni. Abbiamo allungato il brodo per gli sconosciuti e per i noti così così; e l’abbiamo ristretto, ripiegando sull’aneddotica, quando abbiamo dovuto presentare poeti che non avevano alcun bisogno di essere presentati. Qualche poesia non è napoletana ma l’abbiamo ugualmente inserita o perchè di autori napoletani o perchè scritta a Napoli. Moltissime poesie sono state annotate, alcune no: ma che cosa avremmo dovuto annotare o spiegare se il testo era chiarissimo? Per gli anonimi, nessuna presentazione andava fatta; e quelle poche righe che abbiamo premesso ai testi ci sono parse doverose per i motivi che leggerete.
Un’ultima cosa: perdonateci la forma e la involontaria prosopopea. Per la forma vi diremo in tutta umiltà che è stato quasi sovrumano dover tradurre in lingua napoletana il nostro pensiero. La nostra lingua madre, infatti, è la lingua di Napoli. Per la prosopopea vi diremo invece che lungi dall’avere voluto darci delle arie, abbiamo soltanto tentato di non essere timidi quali siamo in realtà. E forse perciò saremo caduti da un eccesso all’altro.
Postilla obbligata. Un ringraziamento affettuoso a tutti gli amici che ci hanno aiutato nel reperimento dei testi, scritti e non scritti. E in particolare ai carissimi Alfredo Parente, Ettore de Mura, Salvatore Loschiavo, Aldo Falco, Gino Greco, Stefano Lombardi, Giovanni Boccaciari, Giacomo Lombardi, Angioletto Rossi, Domenico Di Nola, Arturo Berisio, Antonio Laurino, Camillo Grizzuti. Un grazie particolare a Max Vajro, cui dobbiamo l’idea di questa raccolta e preziosi suggerimenti, frutto della sua finissima cultura e del suo spirito ironico.
Al… padrone, e cioè all’editore Adriano Gallina, un particolare e fraterno “bravo“!… Non tutti avrebbero dimostrato lo stesso suo coraggio! Bravo, e grazie della fiducia che ha riposto in un… Pacchione. Qual’è il sottoscritto.
Angelo Manna